Il melodramma italiano del Romanticismo ha la sua figura principale in Giuseppe Verdi (Roncole Verdi, 10 ottobre 1813 – Milano, 27 gennaio 1901), il compositore che ha saputo portare ai massimi livelli questa forma d’arte dandole la più alta dignità non solo musicale ma anche teatrale, avendo sempre cura, specialmente nelle opere della maturità, della coerenza psicologica dei personaggi e dell’unità musicale e drammatica.
Verdi ha attraversato interamente l’Ottocento e quindi la sua vita è legata a tutti gli avvenimenti che hanno caratterizzato questo secolo: il Risorgimento italiano e l’unità d’Italia, i progressi nella tecnica, le invenzioni, i sviluppi della medicina e il miglioramento delle condizioni generali di vita.
Di umile condizione sociale, Verdi, grazie anche al mecenatismo di un compaesano, Antonio Barezzi, poté studiare e trasferirsi a Milano, dove, nel 1839 venne rappresentata con un discreto successo la sua prima opera alla Scala: Oberto Conte di San Bonifacio, che seguiva gli esempi del melodramma di Donizetti.
Dopo un periodo di difficoltà dovute anche ai lutti familiari, l’opera della svolta sarà il Nabucco, un’opera di argomento biblico, nella quale già si scorgono gli elementi fondamentali che caratterizzeranno il teatro musicale di Verdi: sviluppo rapido e incisivo dell’azione, coerenza drammatica, caratterizzazione precisa dei personaggi e soprattutto un ideale di “romanticismo storico” che pervade tutta l’opera e che incarna il desiderio di libertà del Risorgimento italiano.
Le caratteristiche musicali e drammaturgiche innovative e le tematiche rendono subito Verdi famosissimo e dalla prima rappresentazione del Nabucco, nel 1842, il compositore scrisse a ritmo frenetico nuove opere di grande successo, fra le quali I Lombardi alla Prima Crociata, I due Foscari, Giovanna d’Arco, Attila e soprattutto Ernani e Macbeth, forse le due più riuscite di questo periodo, la prima tratta dal dramma omonimo di Victor Hugo e la seconda dalla tragedia di Shakespeare.
Tra il 1851 e il 1853 Verdi compose tre fra le sue più famose e importanti opere: Rigoletto, Il Trovatore e La Traviata. La prima delle tre, il Rigoletto, è un’opera innovativa sia dal punto di vista musicale che da quello drammaturgico: la trama è un’aspra critica alla corruzione della nobiltà a danno del popolo, la musica e l’azione sembrano in quest’opera un tutt’uno inscindibile, dove tutto si svolge in maniera inesorabile con una forza e un vigore assolutamente nuovi per il melodramma.
Anche Rigoletto si inserisce nel filone del romanticismo storico e politico; la classe dominante opprime gli individui, i quali, se tentano la ribellione, sono destinati a soccombere, come se la storia umana fosse mossa da un’oscura forza ostile all’uomo. Il protagonista è anche qui un personaggio dalle tante sfaccettature: un buffone di corte che riscatta la propria condizione con la sua tagliente ironia, un tenero padre, un desolato eroe romantico che vede la sconfitta dei suoi ideali di fronte alla realtà.
Il Trovatore, sebbene di impianto più tradizionale, ha le stesse caratteristiche drammaturgiche. In quest’opera si abbandona la tematica politica risorgimentale e si approfondisce quella della storia degli individui che avanza in maniera spietata verso una tragica evoluzione di morte.
Nella terza di queste tre opere, La Traviata, tratta da La signora delle camelie di Alexandre Dumas, Verdi mette in scena lo scontro fra ideale d’amore e convenzioni sociali.
Verdi si concentra con un profondo lirismo e un uso attento dell’orchestra sull’evoluzione interiore della protagonista; le caratteristiche di Violetta Valery, il personaggio principale, e il suo sviluppo psicologico nel corso dei tre atti dell’opera sono talmente profondi che sembra addirittura di trovarsi di fronte a tre personaggi diversi, ognuno con delle sue caratteristiche drammaturgiche e musicali specifiche.
Proprio quest’opera aprirà la strada alla futura storia del melodramma italiano del tardo Ottocento e del primo Novecento, tutto incentrato sulla psicologia dei personaggi.
Verdi, dopo così grandi successi, continuò a maturare nuove strade per il suo melodramma, fino alla sua vecchiaia; così approfondì sempre di più il suo linguaggio musicale e le situazioni drammaturgiche mettendo il tutto in relazione con una organica visione della storia e dell’arte vicina alla corrente realistico-oggettiva del Romanticismo italiano, simile a quella di Manzoni, ma resa più oscura dalla mancanza del sostegno della fede cattolica.
Nacquero così capolavori sempre nuovi: Un ballo in maschera, del 1859, opera di grande lirismo e di grande raffinatezza; La forza del destino, del 1862, caratterizzata da grande vigore drammaturgico e musicale; Don Carlos, del 1867, un grandissimo capolavoro nel quale si analizza in profondità il conflitto della psicologia dei protagonisti impegnati nel dramma umano e politico della storia. È un’opera grandiosa, originariamente divisa in cinque atti e in lingua francese seguendo il gusto del grand-opéra, poi efficacemente riproposta in una versione in quattro atti in italiano.
Nel 1871 fu rappresentata per la prima volta Aida, commissionata a Verdi per celebrare l’apertura del Canale di Suez. Con quest’opera, di argomento egiziano, Verdi abbandona la divisione in numeri chiusi tipica dell’opera italiana alla ricerca di un discorso drammatico unico che ha il suo elemento portante nell’orchestra, senza per questo abbandonare le tipiche caratteristiche della vocalità verdiana.
Anche in quest’opera, fra i vari elementi esotici, coloristici e scenografici, emerge la tematica tipicamente romantica del dissidio interiore della protagonista, imprigionata fra l’amore per il condottiero nemico e l’amore della propria patria, che porterà lei stessa e la persona che ama alla rovina.
L’Aida è un’opera estremamente spettacolare di grande impatto ed efficacia scenica: le grandi scene d’insieme sono caratterizzate da fastosi impianti scenici, prevedono la presenza di imponenti masse di coristi e comparse, affiancati anche da animali, corposi effetti strumentali ottenuti anche con il posizionamento degli strumenti a fiato sulla scena, melodie essenziali e orecchiabili destinate a rimanere nel cuore di tutti gli ascoltatori, come la celebre Marcia Trionfale situata al centro del secondo atto.
Aida contiene anche momenti di intenso lirismo, caratterizzati da un’orchestrazione coloristica, da soluzioni armoniche e melodiche raffinate, come nella scena notturna sul Nilo del terzo atto e nel bellissimo e struggente finale.
Proprio l’Aida apre la strada alle ultime due opere di Verdi, Otello e Falstaff, rispettivamente del 1887 e del 1893, nelle quali si afferma ormai definitivamente la tendenza alla narrazione continua tutta giocata fra le voci e l’orchestra: facendo proprie alcune delle nuove tendenze del melodramma di Wagner, Verdi crea una nuova strada per l’opera italiana che verrà seguita dai compositori della successiva generazione.
Otello è l’opera della maturità piena di Verdi, che a settantaquattro anni, spinto anche dal musicista e poeta Arrigo Boito, autore del libretto di quest’opera, innova e arricchisce il suo linguaggio musicale, pur rimanendo sempre fedele a se stesso. Le parti vocali, intense e di grande difficoltà, sono avvolte da un’orchestrazione sempre più ricca, densa e funzionale al racconto drammatico.
Otello rappresenta l’ultimo capitolo del romanticismo storico di Verdi; anche in quest’opera i personaggi vivono un intenso dramma fatto di grandi sentimenti che si scontrano e si infrangono: l’amore, la lealtà, l’eroismo sono tutti travolti da una inesorabile e oscura forza che trascina tutti e li porta spietatamente alla rovina.
L’idea che si ricava dalla visione dell’Otello è che per Verdi la storia umana è tragicamente guidata dal male: un pessimismo oscuro dichiarato nella scena in cui Jago, uno dei personaggi più perfidi della storia del teatro, esprime la sua visione del mondo e dell’uomo. Coloro che pagano le conseguenze di questo tragico evolversi della storia umana sono spesso gli innocenti e gli umili, come Desdemona, che Otello uccide per gelosia, spinto da Jago che è l’incarnazione di questa terribile oscura forza che agisce nella storia, alla cui tremenda e ferrea legge si sottrae romanticamente Otello con l’estremo gesto eroico del suicidio.
L’ultima opera di Verdi, scritta a ottant’anni, è una commedia musicale, Falstaff, ricca di spirito e di ironia e soprattutto è l’opera più innovativa e che maggiormente traccia le strade future del melodramma italiano. La figura del protagonista, un vecchio fanfarone che si crede ancora un affascinante conquistatore delle donne, è tratteggiata non in maniera grottesca ma con eleganza e ironica saggezza.
Dal punto di vista musicale, Verdi crea un’opera del tutto nuova, nella quale la narrazione continua fonde assieme le voci e l’orchestra, trattata in maniera finissima ed espressiva, creando una sintesi fra le nuove tendenze drammaturgiche e musicali europee e la tradizione madrigalistica del recitar cantando propria della musica italiana del Cinquecento e del Seicento.
Gli schemi dell’opera italiana settecentesca e ottocentesca vengono definitivamente abbandonati, le parti del canto sono una recitazione continua, che segue il testo e l’andamento drammatico, inframmezzata da ariosi, cioè da momenti in cui il canto si fa più disteso e lirico; l’orchestra, trattata spesso con la finezza propria della musica da camera, segue tutti i dettagli della narrazione, in una forma fluida e sempre in movimento.